ALL’ORIGINE FU UNA MELA. E con essa un gran casino. Bella, “originale” e frutto della conoscenza. Diciamo pure biblica… Eva la colse, Adamo l’addentò e Dio li cacciò da quel noioso giardino chiamato Eden dove i due stavano tutto il giorno senza sapere bene cosa fare se non coprirsi le pudenda con foglie di fico, nonostante la grande e “forzata” intimità. Furono cacciati nel mondo, scoprirono che erano nudi e che la moda poteva aiutarli. La mela, dopo una manciata di secoli, era intanto tornata tra gli dei che nel frattempo, come gli uomini, si erano riprodotti. Per agitare nuove controversie tra le irascibili e vezzose dee in burnout per il titolo di Miss Olimpo. Da qui s’intuisce il carattere rivoluzionario della mela.
FRUTTI IRRESISTIBILI. Nel giardino delle Esperidi, Atlante ne ruba ben tre mentre Eracle nel frattempo gli regge il cielo. Poi, una volta rubate le mele, si rende conto che sono meno pesanti del cielo e decide che Eracle può tranquillamente prendere il suo posto a tempo indeterminato. Eracle gli risponde “aspetta un attimo, sistemamelo meglio sulle spalle” e in men che non si dica la volta celeste ritorna sulla schiena di Atlante. Il cielo rimane su e le mele cadono giu. Una va a finire nelle mani della perfida Regina Grimilde che la riempie di veleno e la dà in pasto a Biancaneve. Alle mele, si sa, non si resiste. Biancaneve la mangia e scoppia un’altra rivoluzione. La seconda cade sulla testa di Isaac Newton che da li capisce la “gravità delle cose”. La terza cade in testa a un bambino. Suo padre, Guglielmo Tell, la centra con la balestra e diventa eroe nazionale svizzero (forse anche per mancanza di alternative). Dopo tutte queste avventure le tre mele per qualche secolo se ne stanno tranquille. Giusto il tempo di preparare nuove rivoluzioni.
POMI RIVOLUZIONARI. Rivoluzioni “da seminterrato”, per la precisione. E quindi la prima si fa viva a Liverpool, quattro ragazzi che strimpellano la trovano e le propongono un accordo. Loro, in cambio della fama, la mettono al centro dei loro dischi. La mela accetta, i ragazzi diventano famosi (per uno di loro, non proprio modesto, anche più di Gesù) e la mela fa bella mostra di se al centro dei vinili. Poca roba, 13 album in tutto, ma da quel momento la musica, la cultura e i capelli non sono più stati quelli di prima. La seconda mela si presenta in California e capita in mano a un ragazzo eternamente affamato ed eternamente folle. Che mela dopo mela ha messo prima un computer, poi un iPhone, un iPod, un iPad e altra iRoba nelle case di tutto il mondo. La terza mela, qualche tempo prima e senza troppo clamore, era caduta sul suolo del nuovo mondo. Avendo trovato terreno fertile aveva cominciato a crescere a dismisura. Diventando grande e famosa come una città che, pur non essendo capitale di nessuno stato, è la capitale del mondo. Anche noi abbiamo trovato tre mele e ne abbiamo apprezzato l’energia vitaminica. Per il momento hanno rivoluzionato il nostro modo di pensare e di lavorare. Poi si sa, una rivoluzione, come una mela, tira l’altra.
P.S. Perché abbiamo cominciato raccontandovi la storia della mela? Perché la storia dei professionisti della comunicazione è quasi sempre un beauty contest in cui le bellezze nel loro sforzo di essere più belle, alla fine si somigliano tutte. Noi invece abbiamo scelto la genuina, forse un po’ rustica, ma nutriente e sincera sostanza. Quella della mela, appunto.
UN COLLETTIVO DI ARTIGIANI DELLA COMUNICAZIONE, CHE PROPRIO PERCHE’ PROVENIENTI DA ANNI DI PROFESSIONE, OGGI HANNO RISCOPERTO LA PASSIONE (CHE E’ ARTE) DELLA COLTIVAZIONE DIRETTA.
UN “LABORATORIO DEL FARE”, DOVE SI COLTIVA LA COMUNICAZIONE. NON QUELLA DEL FUTURO. QUELLA CHE SI FA CRESCERE GIORNO DOPO GIORNO. E CHE CRESCENDO FA IN MODO CHE IL FUTURO SUCCEDA OGGI.
UN INSIEME DI COMPETENZE AGGREGATE E INTEGRATE INTORNO AI CLIENTI. PER FERTILIZZARNE LO SVILUPPO. CON L’ONESTA’ DEL CONTADINO, PER CUI UNA MELA E’ UNA MELA E NON UNA PERA ARROTONDATA.
Non rinneghiamo la dignità di una strategia di marketing giocata sul web. Ma non crediamo in un marketing tradizionale ricodificato in linguaggio html. Sul marketing tradizionale ce la caviamo benissimo. Sull’html ci sono altri professionisti più competenti. Nel social marketing abbiamo ottime energie.
Non crediamo nella modificazione genetica di una cartella stampa in blog, di un comunicato in post di facebook, o in “spezzatino” di 140 caratteri alla volta. D’altra parte, in un ambiente affollato di gente che dialoga senza vincoli gerarchici, possiamo pensare di essere ascoltati leggendo una “circolare”?
La comunicazione oggi guarda in faccia le persone, a prescindere dalla sequenza numerica che la genera. Il nostro punto di riferimento, più che Bill Gates è Barrack Obama. Entrambi passeranno alla storia. Uno per i computer, l’altro anche per via di un tweet del 2010 che diceva “Yes we can!” e che ha aperto una nuova era alla comunicazione.
Grazie al potere del dialogo “all to all” e in tempo reale attivato dai social media, le aziende, le istituzioni e le organizzazioni in genere possono davvero essere in grado di attivare un sistema di “alleanze collaborative” con i propri interlocutori. Sia interni che esterni. E di sfruttare appieno le potenzialità dell’”intelligenza collettiva”.
Al cuore dell’universo di comunicazione creato dai Social Media c’è il contenuto. Che è sempre stato importante. Ma qui si tratta di coniugare “cio che si vuole fare sapere” con “ciò che le comunità di riferimento vogliono sapere per accordarci la loro fiducia”. Qualcosa che sia accolto come nutriente, genuino e di valore. Più o meno come una mela.
La social communication ha come primo obiettivo il coinvolgimento autentico (anche emotivo) degli interlocutori. Che si ottiene direttamente o, in gran parte, attraverso il rapporto fiduciario con gli “influenzatori”: i cosiddetti “nodi”. Ovvero coloro che, si rendono disponibili a utilizzare la propria reputazione per farsi “cassa di risonanza” della nostra.